Storia dell'Amministrazione nell'Italia unita

Il periodo dal 1861 al 1885


Il primo periodo è quello che va dal 1861 al 1885 circa. Questo è caratterizzato da un'amministrazione monistica, ordinata unitariamente intorno al Governo. Viene adottato il modello cavouriano (1853), secondo il quale l'amministrazione è composta di ministeri (in numero di 9), a capo dei quali vi è il ministro, membro del corpo politico (perché legato al Re e al Parlamento) e vertice dell'amministrazione, responsabile sia della direzione, sia della esecuzione: «i ministri provvederanno all'amministrazione centrale dello Stato per mezzo di uffici posti sotto l'immediata loro direzione » disponeva l'art. 1 della legge 23 marzo 1853, n. 1483. Dal ministro dipende il segretario generale, anch'egli membro del corpo politico, che fa da tramite tra il primo e la burocrazia ministeriale, organizzata in divisioni. La pubblica amministrazione si riassume nei ministeri.


Al vertice dell'amministrazione, vi è il Presidente del Consiglio dei ministri, che è anche Ministro dell'interno, e, in tal modo, tiene il controllo dell'amministrazione.


Molto ristretta è l'amministrazione ministeriale (50 mila dipendenti senza uno « statuto» e con poche garanzie), i cui vertici sono costituiti prevalentemente da piemontesi (piemontesizzazione dell'amministrazione). Né vi è una netta separazione tra politica e amministrazione, per cui vi è un frequente passaggio dall'uno all'altro campo (cosiddetta osmosi tra politica e amministrazione).


L' ordinamente finanziario dell'amministrazione è retto dalla legge Cambray Digny (1869), secondo la quale, in ogni ministero, alle dipendenze del ministro, oltre al personale del ruolo amministrativo, vi è quello del ruolo contabile, operante nella ragioneria centrale.


Il prefetto ha un posto centrale in periferia: è organo politicoamministrativo (molti prefetti provengono dai ranghi politici o si danno, poi, alla politica). Tiene i rapporti col centro. L'amministrazione statale periferica dipende da lui. t lui che controlla le amministrazioni locali. In compenso, è alla mercé del Ministro dell'interno, che può licenziarlo discrezionalmente.


Nemmeno l'amministrazione locale è autonoma. Nei comuni (in numero di 7700), il sindaco è nominato dal Governo, su proposta del prefetto. Il consiglio comunale è eletto su base di suffragio ristrettissimo. Ogni atto deve essere approvato dal prefetto o dal Governo. Le province sono presiedute da un organo governativo. Il consiglio è eletto da un numero ristretto di elettori. La deputazione (l'organo esecutivo) è solo parzialmente elettiva. Gli impiegati che vi lavorano sono impiegati dello Stato.

Dal 1885 al 1923

L'amministrazione subisce i mutamenti più significativi.

Crispi nel 1888, introdusse la figura del sottosegretario, sull'esempio inglese, con compiti delegati, di volta in volta, dal ministro (il se_gretar1yen.,era1e, invece, aveva attribuzioni proprie). L'abolizione segretario generale spinse a istituire organismi intermedi, tra gruppi di divisioni e ministro; dal 1888 alla fine del secolo, si diffusero le direzioni generali.


Si rafforza, al vertice, l'unione Presidente del Consiglio dei ministri­ Ministro dell'interno, specialmente con Giolitti, che manovra abilmente i prefetti.


L'amministrazione diventa di maggiori dimensioni a causa dell'aumento delle funzioni: alla fine di questo periodo, ha mezzo milione di dipendenti, i quali, nel 1919, ottengono la cosiddetta progressione a ruolo aperto (avanzamento nella carriera, per anzianità o merito, senza che vi sia bisogno della disponibilità di un posto in organico); si lamenta l'elefantiasi e l'ipertrofia burocratica; aumenta il numero dei ministeri (che passano a 13, specialmente per l'aumento dei ministeri economici). Ai ministeri si aggiungono le aziende autonome (la prima è quella delle ferrovie dello Stato).


Oltre all'aumento del numero dei dipendenti, altri due fenomeni si registrano nel personale amministrativo. Diminuisce la presenza dei piemontesi ed ha inizio la progressiva meridionalizzazione, sotto la spinta di una piccola borghesia affamata di impieghi. Si affaccia e si diffonde il sindacalismo amministrativo. Sotto la pressione di questi fattori, Giolitti, nel 1908, concede il primo «statuto» agli impiegati statali. Con questo, comincia a cambiare la posizione del funzionario, di cui vengono garantiti alcuni diritti.


E in questo periodo che   come già accennato   il prefetto perde il controllo dell'amministrazione statale periferica: uffici come l'Intendenza di finanza o i Provveditorati agli studi resteranno alle dipendenze dirette dei relativi ministeri (rispettivamente, Finanze e Pubblica istruzione). Lo stesso accadrà per altri uffici statali periferici. Ed è in questo periodo che si rompe l'uniformità amministrativa: le leggi per Napoli, la Sicilia, la Sardegna, la Basílicata (dal 1885 al 1906) istituiscono procedure ed organi speciali, propri di quelle zone.


Fiorisce la vita locale. La base elettorale dei comuni (in numero di 9144 nel 1921) si allarga; sindaco e presidente della Deputazione provinciale divengono elettivi; le forze socialiste e cattoliche entrano nei consigli elettivi locali; si sviluppano aziende municipalizzate, macelli pubblici, scuole, ambulatori, istituti di assistenza locali, ecc.


3.. Dal 1923 al 1948


Il terzo periodo (1923 1948), dominato, nella storia costituzionale, dall'autoritarismo e concluso dalla Costituzione repubblicana e democratica, vede, ciononostante, affermarsi il pluralismo amministrativo.


Per un verso, l'unità di vertice Presidente del Consiglio dei ministri Ministro dell'interno si rafforza, con i maggiori poteri dati al Capo del governo (1926). L'ordinamento del personale, la cui provenienza meridionale si accentua, viene regolato secondo un'ordine gerarchico di gradi e stipendi, preso a prestito dall'ordinamento militare (1923). L'ordinamento finanziario fu, a sua volta, mutato da De Stefani, nel 1923, togliendo le ragionerie centrali dalle dipendenze di ciascun ministro e ponendole alle dipendenze della Ragioneria generale dello Stato (allora parte del ministero delle finanze). L'opera fu completata nel 1939 da Thaon di Revel. In tal modo, furono, da un lato, imbrigliati personale e finanza; dall'altro, poste le premesse per l'assunzione, da parte del Ministero di controllo della spesa (Finanze e, poi, Tesoro), del ruolo di guida dell'amministrazione.


Per altro verso, il centro si pluralizza, con la diffusione degli enti pubblici nazionali, formula già sperimentata precedentemente, ma adoperata ampiamente negli anni Trenta (basti pensare all'Istituto per la ricostruzione industriale   I.R.I., del 1933). Grande diffusione ottiene anche la formula della società privata con partecipazione statale (ad esempio, l'Azienda generale italiana petroli   A.G.I.P ., che è del 1926).


Nella stessa periferia, il prefetto perde terreno, sia per il peso acquisito dal «federale» del Partito nazionale fascista, sia per la nomina governativa del podestà (questo il nome dato al sindaco) e del presidente della provincia, sia, infine, per l'erosione delle funzioni comunali e provinciali di organi statali.


I comuni, ridotti a 7310 (nel 1931), eliminata l'elettività degli amministratori, saranno regolati dal testo unico del 1934, che codifica il loro ruolo minore.



. Dal 1948 al 1970


Nel quarto periodo (1948 1970), la costituzione democratica, anche se non rappresenta una soluzione della continuità storica tra amministrazione fascista e amministrazione postfascista, accentua il pluralismo amministrativo.


La concentrazione, al vertice, dei poteri di Presidente del Consiglio dei ministri e di Ministro dell'interno cessa nel 1947, con la fine del terzo governo De Gasperi. Il numero dei ministeri passa prima a 18, poi a 20. Aumentano le funzioni pubbliche, specialmente nel settore scolastico (del 1962 è la scuola media dell'obbligo). Si accentua la difformità amministrativa con l'istituzione della Cassa per opere straordinarie nel mezzogiorno (1950). Il personale amministrativo statale raggiunge i due milioni. Si accentua la meridionalizzazione (il 90 per cento dell'alta dirigenza proviene dal Sud). Nel 1957 viene emanato il terzo «statuto» del personale, con il «testo unico delle leggi sull'impiego civile con lo Stato».


Continua ed, anzi, si accentua la pluralizzazione del centro, con enti quali la Cassa per il mezzogiorno (1950, sostituita, più tardì,nel 1986, dall'Agenzia per la promozione dello sviluppo del mezzogiorno), l'Ente nazionale idrocarburi   E.N.I. (1953), l'Ente per il finanziamento dell'industria manufatturiera   E.F.I.M. (1962), l'Istituto di studi per la programmazione economica ~ I.S.P.E. (1967), la Commissione nazionale per le società e la borsa   Consob (le leggi ad essa relative vanno dal 1974 al 1985), ecc. Proporzioni cospicue raggiungono le partecipazioni statali, che, nel 1956, saranno inquadrate in un apposito ministero.


Continua, in periferia, l'erosione dei poteri del prefetto, che conserva soltanto il controllo dell'attività amministrativa di province e comuni. 14 dei 20 ministeri hanno propri uffici periferici, alcuni di notevole complessità.


Comuni e province (i primi tornano al numero di 8032), amministrativamente deboli, con il ripristino dell'elettività degli amministratori, divengono politicamente forti. Come apparati amministrativi, i loro campi di attività si espandono, ma i loro compiti sono sempre più condizionati dal centro.


Dal 1970 al 1990


Nel quinto periodo (1970 1990), si registra un ulteriore ampliamento delle funzioni pubbliche, specialmente con la costituzione del Servizio sanitario nazionale (1978). Nel 1988 viene finalmente ordinata la Presidenza del Consiglio dei ministri. Con la costituzione del Ministero dell'ambiente (1986) e di quello dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica (1989), i ministeri diventano 22. Ma ad essi bisogna aggiungere almeno i Dipartimenti della funzione pubblica (1983) e per il mezzogiorno (1986 87), che sono veri e propri apparati ministeriali.


Continua la frammentazione del centro, con l'istituzione di altri enti pubblici, come l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo   Is.V.A.P (1982), l'Ente ferrovie dello Stato (1985). Agli enti pubblici si aggiungono le autorità amministrative indipendenti (alcune dotate anche di personalità giuridica), come il Garante per la radiodiffusione e l'editoria (1981 e 1990) ed altri organismi centrali di incerta natura, come, ad esempio, l'Autorità per l'Adriatico (1990). Anche in periferia si moltiplicano organismi statali o misti, come le agenzie per l'impiego (1987) e le autorità di bacino (1989).


Nel 1972 viene istituita la dirigenza, nel 1980 sono introdotte le qualifiche funzionali e, nel 1983, viene generalizzata la contrattazione delle condizioni di lavoro e del trattamento economico del pubblico impiego. I dipendenti statali raggiungono quasi 2 milioni e 300mila unità. I dipendenti del settore pubblico 3 milioni e 600mila unità. Il totale dei dipendenti (pubblici e privati) da organismi in controllo pubblico raggiunge circa 5 milioni di unità.


Pur rimanendo fermo l'ordinamento finanziario pubblico


complessivo, dopo un primo ritocco (legge Curti, del 1964), ne1978 subisce un mutamento radicale la materia dei bilanci

pubblici. <


Nel 1970, vengono eletti i consigli delle 15 regioni a statuto ordinario. Nel 1972, vengono ad esse trasferite alcune funzioni pubbliche non solo statali, ma anche di enti pubblici nazionali. Nel 1977, viene completato il trasferimento. Ma solo 4 dei 20 ministeri subiscono cambiamenti di qualche importanza. Con circa 80mila dipendenti (2 per cento circa del personale del settore pubblico), le regioni amministrano il 16 per cento circa della spesa del settore pubblico (negli altri Stati regionali, la quota di spesa pubblica amministrata dalle regioni è all'incirca doppia).


Nel 1989 viene istituito il Sistema statistico nazionale, organismo di raccordo tra Stato, regioni ed enti nazionali e locali.


L'ultimo periodo (dal 1990)


L'ultimo periodo, che ha inizio nel 1990, è caratterizzato da un intenso cambiamento amministrativo. Questo non può essere compreso se non si ricorda che sette degli otto referendum abrogativi del 1993 hanno interessato la pubblica amministrazione. Vi è stata una sorta di appropriazione popolare del problema della pubblica amministrazione, segno che si sentiva il bisogno di innovazioni amministrative. Va anche ricordato che leggi del 1993 hanno introdotto (intendendo, per il livello nazionale, la scelta della formula elettorale come variabile indipendente dalla forma di governo) un modo di scrutinio maggioritario o con elementi maggioritari nei comuni, nelle province, nelle regioni e nello Stato (ma con forti differenze, dovute a diverse proporzioni di maggioritario, al numero dei turni, all'elezione diretta del capo dell'esecutivo e all'incidenza anche sulla forma di governo). Infine, che le elezioni politiche del 1944 hanno consentito il primo esperimento di governo maggioritario nazionale, che ha dato luogo a forti tensioni tra le norme costituzionali e i risultati della formula elettorale.


A partire dal 1990, si registra, innanzitutto, un mutamento della disciplina normativa della pubblica amministrazione. Una legge del 1993 fa la più estesa applicazione della tecnica della legislazione delegificante per razionalizzare l'organizzazione e i procedimenti amministrativi. Leggi del 1990, per gli enti locali, e del 1993, per le camere di commercio, attribuiscono a questi enti potestà statutaria (già attribuita nel 1989 anche alle università). Vengono adottate   rompendo una lunga tradizione di particolarismo normativo   leggi generali sulle pubbliche amministrazioni, di cui principali quella del 1990 sul procedimento amministrativo, quelle del 1993 sul personale e sulla modernizzazione e quella del 1994 sui controlli. Queste norme generali, alcune delle quali richiedono altre norme per essere attuate, costituiscono punti di riferimento per i successivi sviluppi e per la stessa interpretazione delle leggi vigenti. In fine, alcuni settori ricevono nuovi ordinamenti: acque (1989, 1993 e 1994), strade (1992), sanità (1993).


Muta, in secondo luogo, il rapporto tra la politica e l'amministrazione. Nuove autorità indipendenti vengono istituite (Autorità garante della concorrenza e del mercato e Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, ambedue del 1990) ed autorità già esistenti vengono rafforzate (Garante per la radiodiffusione e l'editoria, 1990). Leggi del 1990 (per gli enti locali) e del 1993 (per tutte le pubbliche amministrazioni) stabiliscono il principio che gli organi di governo definiscono gli obiettivi e i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttíve generali, mentre ai dirigenti amministrativi spetta la gestione.


In terzo luogo, diminuiscono le dimensioni dell'area soggettivamente pubblica. Grazie al referendum del 1993 e a una legge dello stesso anno, i ministeri si riducono a 19 (ma continua a gonfiarsi la Presidenza del Consiglio del ministri). Norme del 1990 consentono la trasformazione delle banche pubbliche in soggetti privati. Leggi del 1993 trasformano la maggior parte degli enti pubblici economici in società per azioni e mutano sedici enti pubblici previdenziali in associazioni o fondazioni. Altre leggi del 1993 e del 1994 sopprimono enti pubblici, come l'O.P.A.F.S., ente di assistenza nel settore ferroviario, o lo S.C.A.U., ente previdenziale e assistenziale del settore agricolo. Nello stesso tempo, altri organismi pubblici vengono istituiti, con compiti di regolazione o di monitoraggio (Autorità per l'informatica, Agenzia per la rappresentanza negoziale della pubblica amministrazione, Agenzia per l'ambiente, Agenzia per i servizi sanitari regionali, tutte del 1993) ed altri ancora vengono razionalizzati con fusioni (le tre Casse marittime, nell'Istituto di previdenza per il settore marittimo   I.P.Se.Ma., e sette altre casse nell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica   I.N.P.D.A.P.).


In quarto luogo, subisce un radicale mutamento la disciplina del personale, che passa da un regime di impiego pubblico a una disciplina del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione non diversa da quella di diritto comune.


Viene, in quinto luogo, adottata una disciplina generale sul procedimento: legge generale sul procedimento del 1990 e principi di semplificazione e accelerazione delle procedure, del 1993.


Muta, in sesto luogo, il regime dei controlli, con l'attenuazione dei controlli preventivi atto per atto, nei comuni (1990), nelle regioni (1993), nello Stato (1994), la deconcentrazione dei controlli e l'introduzione dei controlli interni (1993 e 1994), l'ampliamento dei controlli successivi, sulla gestione e sul funzionamento dei controlli interni.


Le due ultime tendenze del periodo riguardano la moltiplicazione dei vincoli comunitari all'amministrazione nazionale (ad esempio, dal 1994 è consentito a cittadini di altri Stati di accedere a uffici pubblici italiani) e il riconoscimento delle situazioni soggettive degli utenti dei servizi pubblici (ad esempio, Carta dei servizi pubblici, del 1994).


Sul finire del secolo, sono poste, dunque, con nuove leggi generali, le basi di un nuovo sviluppo del diritto amministrativo, mentre cambiano sia l'innesto costituzionale (a causa dell'affacciarsi timido di nuove forme di governo), sia l'innesto sovranazionale (a causa della penetrazione del sistema comunitario nelle strutture amministrative).


A più di un secolo dall'unificazione, l'amministrazione italiana è, dunque, cresciuta: nel 1860 vi era un dipendente pubblico ogni 145 abitanti; ora uno ogni 12 abitanti. L'amministrazione statale ha visto moltiplicarsi i ministeri, mentre la loro struttura di base è rimasta immutata. La dirigenza amministrativa si stacca lentamente da quella politica. Oltre lo Stato, si sono sviluppati gli enti pubblici, che, per il loro peso, sono più grandi dello Stato e sono in grado di contrapporsi ad esso, e l'Unione europea, che presenta un sistema amministrativo non più soltanto sovrapposto, ma anche integrato in quelli nazionali. La periferia ha acquisito un peso in origine inimmaginabile. Ma questo peso, nel Nord, si svolge attraverso poteri regionali e locali vitali; il Sud, dove tali poteri sono debolissimi, fa sentire la propria voce attraverso la sua presenza, ormai preponderante, nell'impiego pubblico, dai vertici amministrativi alle poste e alle ferrovie.